Le tasse in deficit

Guadagnare un po’ di serietà

Lo volesse o meno, il lodo Ferrara pro Renzi su “il Foglio” di venerdì scorso ha sancito il fallimento della politica economica del governo. Perché, come è stato giustamente osservato, se per uscire dalla recessione occorreva un taglio delle tasse in deficit, questo andava fatto all’inizio dell’esperienza del governo e non quando si propongono le elezioni anticipate. Ed è proprio l’idea di anticipare la fine della legislatura quella che svela l’intenzione di non voler vedere i risultati della politica economica, ma di provare a sfruttare i frutti di una promessa, come il taglio delle tasse, sul piano del consenso. Vinte le elezioni, un governo più forte e stabile di quanto sia quello attuale, potrebbe cambiare idea facilmente e le tasse tornare ad aumentarle. Anche perché l’Europa non capirebbe e i mercati non avrebbero apprezzato la mossa del taglio delle tasse in deficit fuori tempo massimo. Fino ad oggi il governo si è lamentato della rigidità dei parametri, pur dicendo, a mezza bocca, di volerli rispettare. In effetti era meglio dire chiaramente che per quanto i parametri fossero corretti, purtroppo non si sarebbero potuti soddisfare. La riprova è che al “Foglio” scrivono del successo della “spending review”. Solo che anche qui, se la spending review avesse funzionato, perché invocare tanta flessibilità? La “spending review” ci avrebbe messo al riparo dall’ eventuale sforamento del deficit. Invece si vorrebbe sforare il deficit e non fare nessuna “spending review” è questo è troppo. Non sappiamo se il governo intenda andare alle elezioni anticipate, al “Foglio” devono davvero essere catastrofisti per proporlo. Almeno si vedano le amministrative ed il risultato dei due referendum. Nel caso di una tripla o doppia sconfitta, il governo potrebbe giusto dimettersi e ogni iniziativa gli sfuggirebbe di mano. Se mai invece il governo trovasse il conforto elettorale nei due referendum, il premier farebbe meglio a cambiare atteggiamento. La ripresa economica non c’è, inutile millantarla. Si sia più cauti nei confronti dell’Europa e ci si preoccupi di tagliare quanto di spesa pubblica improduttiva in funzione dell’ abbassamento delle tasse. Si vendesse la Rai invece di imporre il canone in bolletta, così solo Bruno Vespa risponderebbe delle sue scelte editoriali, se ancora trovasse un editore. Magari i conti non torneranno lo stesso, inutile farsi altre illusioni, ma almeno ne guadagneremmo in serietà.

Roma, 11 aprile 2016